Bicchieri da Vino

La testimonianza più antica di vinificazione giunta sino a noi risale al 4100 a.C. e ci conduce in Armenia, dove il vino era considerato un bene di lusso riservato ai principi e alle divinità. Dall’Armenia all’Antica Grecia il passo fu breve e, nella terra di Omero, il vino era indissolubilmente legato alla figura di Dioniso, tra i cui attributi spicca il kantharos, una coppa spesso impiegata per dissetarsi e presente nei simposi sin dal VI secolo a.C.

Questa breve nota storica serve a dimostrare come, sin dall’antichità, il vino e i recipienti destinati al suo consumo siano sempre stati avvolti da un alone sacrale e cerimoniale. Ma qual è, oggi, il vincolo che lega vino e bicchieri? Abbandonata la veste rituale, questo legame è da ricercarsi nella massima esaltazione delle proprietà organolettiche di un vino se degustato nel calice corretto.

Scegliere il bicchiere da vino

Nell’articolo che segue, abbiamo riunito tutte le informazioni utili per rispondere a fondo a una domanda che spesso assilla gli amanti del vino: quali sono le linee guida per scegliere il bicchiere da vino?

Calice e vino: una breve storia moderna

Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, il vetraio e professore di chimica Claus Josef Riedel ebbe una brillante intuizione. Secondo quest’uomo d’affari – seguito dagli amanti del vino che tutt’oggi, giustamente, appoggiano le sue convinzioni – la percezione organolettica del vino risulta influenzata dalla forma e dalla dimensione del bicchiere in cui esso viene consumato. Ispirandosi ai principi della Bauhaus, in base ai quali la forma segue la funzione, il chimico austriaco produsse la linea di calici Sommeliers che, nel mondo della degustazione dei vini, rappresenta un vero e proprio spartiacque tra un prima e un dopo. Prima degli anni Settanta, infatti, la forma dei calici restava pressoché invariata e, a cambiare, erano solo le dimensioni del bevante.

La struttura di un bicchiere da vino

Nessuna delle parti che compone un calice è priva di valenza funzionale e per comprendere appieno il ruolo del bicchiere nella degustazione del vino, occorre avere ben presente il calice nella sua struttura unitaria. Fatta questa doverosa premessa, passiamo ad analizzare, quasi scomponendolo, tutte le parti di un bicchiere da vino.

Il piedino

Rappresenta la base del bicchiere ed è di forma circolare. Su di esso poggia, ortogonalmente, l’intero organismo del calice. Nonostante la sua funzione eminentemente portante, il piede assolve un altro importante compito. Stiamo parlando dell’impugnatura. Quella corretta prevede l’apposizione del dito medio sotto la superficie del piede con l’indice all’altezza del nodo (ovvero la parte di giunzione tra piede e stelo) e il pollice dalla parte opposta.

Perché questa impugnatura è quella migliore? Non è solo una questione d’immagine ma di praticità e rispetto delle proprietà organolettiche del vino. In questo modo, infatti, gli odori cutanei promanati dalla mano – ben lontana dal punto in cui il naso percepisce i sensi a cui è preposto – non interferiscono con quelli del vino durante l’esame olfattivo. Inoltre, evitando di collocare la mano alla base della coppa, s’impediscono che microvariazioni termiche modifichino la temperatura ottimale al quale il vino viene servito.

Lo stelo

Risulta quasi impossibile non restare affascinati dalla grazia che questo elemento cauliforme conferisce ai bicchieri. Ma l’importanza dello stelo va ben oltre questo carattere puramente ornamentale. Garante della temperatura ideale di servizio, il gambo è l’elemento che mette in collegamento il piede con la coppa. Quindi, poiché abbiamo già visto che sarebbe scorretto impugnare il calice dalla base dell’elemento convesso, per far ossigenare correttamente il vino, dovrai trasmettere i movimenti oscillatori allo stelo che, di conseguenza, li veicolerà alla coppa.

La coppa

Dire che questa parte del bicchiere rappresenta il nucleo del calice potrebbe risultare sin troppo banale. Nonostante tale ovvietà, si commettono spesso parecchi errori. Quello più comune, come abbiamo già avuto modo di dire, fa riferimento all’impugnatura ma è opportuno citarne almeno un altro. All’atto della mescita, spesso si tende a superare il terzo della capienza complessiva. In questo modo, si riduce lo spazio di oscillazione del vino sulle pareti interne del bevante e ciò impedisce la completa liberazione del bouquet di aromi e profumi. Rispettare il limite indicato (1/3 della capienza complessiva della coppa), permette un respiro ampio e senza impacci.

Il bordo e il bevante

Come avremo modo di vedere più avanti, quando affronteremo la correlazione esistente tra calice-acidità-struttura, le variazioni dei due elementi strutturali del calice qui esaminati sono strettamente connesse alla tipologia di vino. Questo perché il bordo e il bevante sono le parti deputate al passaggio del liquido dal bicchiere alla lingua. Con il primo termine ci riferiamo alla parte più estrema ed esterna del calice mentre il secondo rappresenta, grossomodo, la sua controparte interna. La funzione del bordo e del bevante influisce direttamente sulla loro forma e diametro: in caso di vino strutturato, il baloon sarà ampio e il bordo dovrà permettere al naso di svolgere facilmente l’analisi olfattiva. In caso di vini dolci e poco acidi, invece, il bevante avrà una terminazione svasata: in tal modo, il vino cadrà in modo “stretto”, ovvero direttamente su quella parte della lingua che accoglie i recettori preposti ai sentori zuccherini.

Aspetto dei calici

I winelover amano calici dalla struttura classica, incolore e di cristallo. Molto apprezzati sono anche i bicchieri di vetro ma solo se dotati di una certa sottigliezza e sonorità. In entrambi i casi, sono banditi gli ornati, le baccellature, gli sbalzi e qualunque tipologia di decorazione. Il rischio è quello di alterare le qualità visive del vino e lasciare un’esperienza non proprio gradevole a livello tattile, quando le labbra entrano in contatto col bordo.

Bicchieri da vino rosso

vini rossi giovani

Appartengono a questa categoria di vini rossi tutti quelli che presentano, all’olfatto e all’analisi gustativa, una sinfonia di note floreali, fragranti e fruttate. I mosti da cui sono prodotti i rossi giovani non sono particolarmente ricchi di zuccheri ma presentano una persistente acidità. Ne consegue che questi vini hanno un basso tasso alcolico e risultano poco ricchi di tannini. Lambrusco emiliano, Pinot nero o Frappato siciliano sono tutti vini scorrevoli al palato e con delle chiose particolarmente fresche, tali da renderli adatti al consumo nei periodi primaverili o estivi.

Il bicchiere ideale per questo tipo di vino è il calice Renano che permette di esaltare al massimo l’immediatezza gustativa. Sviluppata in altezza, la coppa del Renano non presenta un volume eccessivo e la sua caratteristica principale è la continuità sobria della profilatura che collega la pancia al bordo. Permette una moderata ossigenazione in grado di far sprigionare al vino le sue note più vivaci e veicolarle direttamente al naso senza eccessive dispersioni.

Vini strutturati

Un vino rosso strutturato presenta tutte quelle qualità che mancano ai vini rossi giovani. Innanzitutto, le bucce delle uve da cui sono prodotti questi vini sono in grado di rilasciare una grande quantità di tannini nei mosti che sono particolarmente zuccherini e acidi al contempo. Tale peculiarità è dovuta sia a fattori climatici sia ai lunghi periodi di maturazione delle uve. L’elevata tannicità e acidità restituiscono al palato una sensazione di astringenza che può non essere apprezzata. Pertanto, la stagionatura in botti di legno contribuisce alla polimerizzazione e precipitazione delle sostanze tanniche, contribuendo ad arrotondare il profilo gustativo del vino. A titolo di esempio, citiamo il Montefalco Sagrantino, il Raboso IGT o il Friuli Colli Orientali DOC, tutti vini caldi, rotondi e strutturati.

Per apprezzare questa tipologia di vino, sceglieremo calici con coppe a tendenza globulare e profilature inflesse verso l’interno, quindi mai svasate. Tale tipo di calice permetterà una rotazione consistente del vino e ridurrà la dispersione dei profumi; allo stesso tempo, l’imboccatura larga permetterà di far cogliere tutte le sfumature olfattive.

Grandi vini rossi da invecchiamento

L’elevazione di un vino strutturato passa attraverso due fasi: la prima, trova il suo sviluppo in botti di legno; la seconda, avviene in bottiglia. Nel corso dell’affinamento in botte, il vino acquista sentori suadenti e avvolgenti mentre il periodo di maturazione in vetro è complementare al primo, perché ingentilisce il vino con un lento lavoro di sedimentazione. I vitigni di Cabernet, Merlot, Syrah, Sangiovese e Nero d’Avola sono soltanto alcuni dei vitigni da cui produrre grandi vini rossi da invecchiamento.

Servire un vino invecchiato è una vera e propria arte, quasi quanto la cerimonia del tè. I motivi sono semplici da intuire. L’affinamento del vino in bottiglia provoca la sedimentazione di micro-particolato sul lato di posa del contenitore. Quindi, la prima operazione da effettuare – già parecchie ore prima di stappare il vino – è quella di collocare la bottiglia all’interno di un cestello in una posa semi-orizzontale. In questo modo, favoriremo lo scivolamento del deposito che andrà verso il fondo della bottiglia.

Trascorse alcune ore si potrà procedere all’estrazione del tappo. Questa operazione va svolta con calma, con la bottiglia salda nel cestello. Gli errori da evitare in questa fase sono due:
· Agitare la bottiglia che, spesso, viene fatta girare nel senso opposto a quello di stappatura;
· Rimuovere il tappo con rapidità, producendo, in tal caso, il consueto “botto”.
Entrambe queste azioni rischiano di far ritornare in sospensione quei residui che con tanta pazienza abbiamo lasciato cadere sul fondo.

Trascorsa una buona mezz’ora dal momento dell’apertura, possiamo procedere con un’analisi preliminare volta a verificare che il vino non presenti difetti o tensioni olfattive. Versiamo quindi la dose di avvinamento (per il significato di questo termine, vai al punto 9) nel nostro bicchiere e, in caso l’analisi olfattiva risulti gradevole, si verserà il vino nel decanter. I winelover più rigorosi tendono a eseguire questa operazione collocando una candela in controlume: questo espediente permette di monitorare la fase di sversamento ed evitare che, in fase di decantazione, finiscano anche le particelle solide.

I bicchieri più indicati per degustare i grandi vini da invecchiamento sono i Bourgogne o Grand Cru. I primi sono caratterizzati da un baloon di medie dimensioni, la cui sfericità s’interrompe nettamente al livello del bordo. Il Grand Cru, invece, possiede una forma sferoidale spiccata e una modesta svasatura apicale. In entrambi i casi, il diametro accentuato permette di apprezzare tutti i profumi di questi vini eleganti.

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Vini rossi medi

Si tratta di vini non giovani con buona struttura e corpo senza essere invecchiati o sottoposti a tecniche spinte di coltivazione e cantina come i grandi vini da invecchiamento.

Questi vini possono presentare combinazioni particolarmente interessanti e, pertanto, per evitare errori nel servizio, si consiglia di adottare il calice ISO, le cui caratteristiche sono esplicitate ad un punto dedicato di questo articolo.

Bicchieri da vino bianco

Vini bianchi giovani, leggeri e aromatici

Se prediligi il gusto alla struttura, indubbiamente sarai orientato verso questa tipologia di vini, connotati da una freschezza debitrice dell’acidità delle uve da cui sono prodotti, ricche di aromi primari, per varietà di vigneto o fermentazione.

Queste caratteristiche inducono a scegliere un calice a tulipano con un bordo lievemente svasato rispetto alla struttura della coppa. In questo modo, le note acide verranno immediatamente bilanciate da quelle aromatiche proprie del frutto.

Vini bianchi corposi

Rispetto alla tipologia precedente, i vini bianchi corposi sono più densi ma meno dissetanti e si contraddistinguono per la consistenza e il volume che presentano al palato.

Per degustare al meglio questi vini, prediligi calici dalla coppa molto arrotondata con un punto di larghezza massima di 220 mm e un bordo lievemente inflesso per trattenere l’estrema volatilità aromatica.

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Spumanti

Spumanti secchi, semisecchi, Brut

Si tratta di vini voluminosi, strutturati, grassi sino a essere burrosi. Il calice modello Franciacorta è sicuramente il miglior esemplare per esaltare al massimo queste qualità, insieme a quelle legate al colore dalle tonalità smaglianti e brillanti. Tuttavia, occorre fare alcune riflessioni quando si decide di degustare uno spumante in un calice Franciacorta. La coppa a tulipano leggermente svasata in alto potrebbe far disperdere le note più fresche, sapide e minerali di questi spumanti e porre una sorta di freeze al perlage, la nota danza delle bollicine che principia sin dal primo istante in cui il liquido tocca le superfici polite del bicchiere.

Fatte queste riflessioni, occorrerà considerare cosa si preferisce: apprezzare la struttura consistente di uno spumante servito in un calice Franciacorta o assistere, incantati, all’effervescenza del perlage che si svolge in una flûte?

Spumanti dolci

Questi spumanti da dessert danno il meglio di sé da giovani. Eleganti alla vista, esibiscono un giallo paglierino dorato mosso da bolle perlacee che liberano profumi floreali e fruttati.

La coppa ideale per servire questi spumanti è quella bassa e larga, completamente opposta alla flûte che invece ha un’imboccatura stretta e rischierebbe di far sovrapporre tutti gli aromi sprigionati da questi spumanti in un unico punto del palato. La coppa ampia, invece, permette ai vini dolci di fare un ingresso largo in bocca, invadendo tutte le parti della lingua.

Passiti e vini liquorosi

Detti anche “vini da meditazione”, tanto i passiti quanto i vini liquorosi richiedono calici dal gambo molto alto e sottile e una coppa con un’imboccatura stretta. Tale conformazione restituirà un senso di leggerezza e permetterà di assaporare questi vini a piccoli ma possenti sorsi.

Il calice da degustazione ISO

Frutto di sperimentazioni condotte a partire dagli anni ’50 del Novecento, le dimensioni di questo calice particolare sono state codificate dall’International Standards Organization al fine di permettere la migliore valutazione di qualunque tipologia di vino. Trasparente e in vetro mezzo cristallo (Pb 9%), il calice ISO ha un’altezza complessiva di 155 mm, divisi tra i 100 della coppa e i 55 di stelo e piede. La coppa, nel punto di massima estensione del diametro (65 mm), raccoglie 50 ml di vino. Il bordo, invece, presenta un diametro di 46 mm.

Per quanto possano essere calici estremamente versatili e adatti a qualunque tipologia di vino (tranne che per gli spumanti e i vini liquorosi), si consiglia l’adozione di un calice da degustazione ISO per quei vini sì strutturati ma che non hanno subito invecchiamento.

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Alcune considerazioni sul momento dell’assaggio

In questo paragrafo non vogliamo affrontare tutto il mondo della degustazione del vino ma soffermarci soltanto sull’ambito che stiamo trattando, ovvero il rapporto tra vino-bicchiere-gusto.

I più esperti avranno già capito di cosa vogliamo parlare ma procediamo con ordine. Prima di versare il vino nel calice più idoneo a esaltare le sue proprietà organolettiche, assicurati che il bicchiere non presenti impurità, cattivi odori o che la profumazione del detergente impiegato per lavarlo non sia eccessivamente invadente. Nel caso si presentino alcuni di questi fattori, conviene sciacquare il calice sotto un getto di acqua fredda e bagnare la coppa con dell’aceto di vino, facendo poi asciugare ed evaporare il tutto.

Una volta appurato che il calice non presenti interferenze olfattive di alcun genere, è sempre opportuno procedere alla fase di avvinamento. Si tratta di un vero e proprio lavaggio del bicchiere che sfrutta una piccola dose del vino che vogliamo servire: versalo all’interno della coppa e, mediante consistenti rotazioni, fallo aderire a tutta la superficie interna del bevante. Questo vino, contenente i residui e le impurità presenti all’interno del bicchiere, va gettato.

A questo punto, il bicchiere da vino è davvero pronto per l’esperienza degustativa.

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